CORBOLA-La consigliera Patrizia Bartelle (IIC)interviene sulla questione del progetto dell’allevamento avicolo intensivo.
“La vicenda del progetto dell’allevamento intensivo dei 345mila polli da carne previsto a Corbola, sembra fatta apposta per essere la bandiera di una campagna elettorale per il sindaco uscente Michele Domeneghetti. Tant’è che lo stesso primo cittadino, disse in diverse situazioni che la vicinanza sua alla lega era qualcosa di importante da usare per bloccare l’allevamento”. Esordisce così la consigliera regionale Patrizia Bartelle alle dichiarazioni del sindaco, sulle autorizzazioni ottenute dall’azienda agricola, progettista dell’allevamento intensivo. In un comune di circa 2400 abitanti, dove non accadono cose eclatanti, ritorna nuovamente alla ribalta con la storia dei polli con tanto di comitato ufficiale, rappresentato da un presidente che non rilascia dichiarazioni ai giornali, mi lascia un po’ perplessa. Se si considera, che dovrebbe essere proprio il presidente il primo a diffondere e informare i cittadini sia sulle riunioni pubbliche, sia sulla petizione per la quale servono le firme dei corbolesi. Il sindaco infatti, nelle ultime dichiarazioni, ha annunciato che il comitato raccoglierà le firme per la petizione, lo stesso bocciò, fin dal primo incontro pubblico del 23 Maggio, la proposta di raccogliere le firme per indire un referendum, come previsto dallo statuto comunale. Ritenendo inutile il tutto”. “ Ora vedremo come verrà scavalcata la questione di una delle osservazioni che depositai nei tempi utili con l’aiuto della consulenza del biologo Devis Casetta-spiega la Bartelle- “Una di queste, evidenziava che l’allevamento di tipo intensivo verrebbe collocato a una distanza inferiore ai 150 metri, previsti dalla normativa vigente, da tre civili abitazioni di via Spin. Gli edifici in questione, non essendo ne di proprietà, ne nelle disponibilità dell’azienda in termini di affitto, non possono considerarsi annessi agricoli quali “case del custode”. L’eventuale assunzione di qualcuno dei residenti con contratto di lavoro, come paventato dall’azienda agricola, non può certo configurarsi come vincolo urbanistico di “casa del custode”, e stiamo parlando di tre famiglie, non di una. Altra osservazione –conclude la Bartelle- riguarda le emissioni in atmosfera di sostanze odorigene, che si svilupperebbero dallo stoccaggio della pollina. Una situazione per la quale l’utilizzo di un telo di copertura impermeabile, proposto dall’azienda agricola, comporterebbero condizioni di assenza di aria che porterebbero ad accentuare i problemi di odori in termini di emissioni di acido solfidrico e ammoniaca al momento dell’allontanamento della pollina dall’azienda”. Patrizia Bartelle
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