ROVIGO-“Jazz Nights” regala l’ultima serata.
Rovigo, 31/07/2017-Emozione pura nel giardino di palazzo Casalini con il Giorgia Sallustio 5tet e gli aHrìa. Serata fuori dall’ordinario ed emozione pura per l’ultimo concerto di venerdì 28 luglio. Ancora una platea gremita, con tutte le sedie disponibili occupate e molti appassionati in piedi – benché la notte bianca di Rovigo offrisse numerosi altri appuntamenti musicali nel centro storico cittadino – ha salutato il quarto ed ultimo appuntamento di “Jazz Nights at Casalini’s Garden”, rassegna giunta alla quarta consecutiva edizione, ideata nel 2014 dall’indimenticato Marco Tamburini e fortemente voluta anche quest’anno da RovigoBanca e dal Dipartimento Jazz del , principale motore dell’iniziativa.
Due, come di consueto, i concerti offerti gratuitamente nel corso della stessa serata, entrambi con più di qualche motivo di interesse ed assai apprezzati dal numeroso pubblico presente. Ha rotto il ghiaccio il quintetto guidato dalla cantante Giorgia Sallustio, trentaseienne di origine pugliese, nata e cresciuta a Palmanova e da qualche anno residente a Novara. Ospite speciale era il chitarrista Roberto Cecchetto, fra i maggiori specialisti italiani dello strumento, nonché apprezzato docente del Conservatorio rodigino, così come il batterista della formazione, Stefano Paolini. La completavano il tastierista friulano Rudy Fantin, impegnato sia all’organo hammond che al Fender Rhodes, e la giovanissima ma già affidabile Roberta Brighi, basso elettrico, allieva al Conservatorio di Como di Marco Micheli. La Sallustio ha presentato nell’occasione il suo sin qui unico album da leader, «Around Evans», dedicato al pianista Bill Evans, maestro del jazz del secondo Novecento, pubblicato due anni or sono dalla veneziana Caligola Records, disco pregevole e raffinato che ha ottenuto molti consensi fra gli addetti ai lavori. Oltre a brani composti dallo stesso Evans, come la dolcissima “Turn out the stars” e la più movimentata “Five”, la vocalist ha proposto inoltre alcuni fra gli standard prediletti dal pianista americano, presenze costanti nel suo repertorio, come “A house is not a home”, di Burt Bacharach, ed “Emily”, di Johnny Mandel, ma anche una sua composizione originale (parole e musica), “Il colore dell’inquietudine”, ed un interessante brano senza parole di Roberto Cecchetto, “Limbo”, in cui la voce diventa davvero uno strumento, confermando tutte le grandi qualità musicali della giovane e personale cantante friulana. Una nota di merito spetta poi a tutti gli accompagnatori, dal sempre lucido e creativo chitarrista milanese al tastierista Rudy Fantin, dotato di grande gusto ed autore di gran parte degli arrangiamenti, dal solido Stefano Paolini a Roberta Brighi, strumentista già autorevole a dispetto dei 22 anni, e di cui sentiremo sicuramente parlare. Il secondo set ha avuto per protagonista un gruppo inedito e davvero originale, composto da affermati protagonisti del jazz italiano, qui al suo debutto concertistico, dal nome curioso di “aHrìa”, nato dal desiderio del sassofonista Roberto Martinelli e dal pianista Stefano Onorati, entrambi toscani, di trovare un originale punto di incontro fra classica e jazz, attraverso un ritrovato gusto per la melodia che affonda le sue radici nella tradizione del melodramma italiano.
La formazione doveva essere un sestetto, ma la forzata defezione del violoncellista Luigi Puxeddu – che probabilmente avrebbe accentuato le componenti classiche del progetto – l’ha trasformato in più tradizionale quintetto, in cui i due jazzisti toscani – entrambi, oltre che specialisti dei rispettivi strumenti, sono pregevoli ed apprezzati compositori – ottimamente accompagnati dalla tromba duttile e brillante di Fulvio Sigurtà, nonché dalla preziosa coppia ritmica formata dal basso elettrico di Riccardo Fioravanti e dalla fantasiosa ebatteria di Mauro Beggio, che ha ancora una volta si è fatto apprezzare per le qualità del suo originalissimo drumming, capace di equilibrare sostanza ritmica e gusto improvvisativo come pochi altri nel nostro paese. Composizioni originali, soprattutto di Martinelli, come una dolcissima ballad dedicata alla figlia, “Margherita”, ma anche l’avvincente melodia iniziale di “Canzone” , si sono alternati ad interessanti rielaborazioni di brani del repertorio classico, come il “Preludio n. 4” di Chopin o l’avveniristica e sorprendentemente jazzistica “Ballade”, di Edvar Grieg, proposte entrambe da Onorati. Oltre che il sax soprano, Martinelli ha usato frequentemente anche il vibrandoneon, un curioso ed interessante strumento musicale ad ance dotato di tastiera, variante meno nota della melodica che, per la sua peculiare sonorità, ricorda molto da vicino il bandoneon. Successo ed applausi calorosi: l’appuntamento è ora per l’edizione 2018, la quinta della rassegna rodigina.
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