Riaperta la caccia al gas nel sottosuolo del Polesine.
Sicuramente molte delle persone più anziane si ricorderanno delle estrazioni di metano sotto la pianura Padana, ancora oggi ci sono evidenti segni di un’attività che è avanzata fino all’inizio degli anni 60, con disseminati nel territorio centinaia di cilindri in cemento armato, oramai abbandonati, ma in origine destinati all’estrazione delle acque metanifere. Forse meno conosciuti sono gli evidenti danni che in quel tempo l’estrazione degli idrocarburi da parte dell’Eni, e che hanno spinto il governo a bloccare ogni attività di estrazione nella zona. Il territorio è infatti appoggiato su un giacimento e con il suo progressivo svuotamento di miliardi di metri cubi, una parte della pianura è si è abbassata anche di 2 metri nel 1961, nel momento del divieto di estrazione, per continuare a sprofondare negli anni successivi fino anche a 3,5m, di fatto portandosi sotto il livello del mare e con la necessità di adeguare tutti i sistemi di protezione dalle acque dei fiumi e del mare.
Di oggi però la notizia che il Tar ha autorizzato una ditta, la Po Valley Energy, società australiana specializzata nella ricerca e nello sfruttamento di idrocarburi dal sottosuolo, ad iniziare una attività di ricerca di sacche di metano nel sottosuolo di alcuni paesi del basso Polesine e nella bassa Ferrarese.
Questo annullando di fatti una delibera della Giunta Ambientale del Veneto che esprimeva la incompatibilità dell’attività di estrazione con il contesto paesaggistico ed ambientale, in pieno contrasto con il regolamento del Parco del Delta, che tutelando il nostro meraviglioso territorio vieta di fatto la realizzazione di pozzi nel perimetro del Parco.
Ma qui ancora non si parla di estrazione, ma solo di indagine, e per questo è arrivato il via libera alle indagini per scoprire quello che tutti già sappiamo: c’è tanto metano sotto la pianura. E nell’urgenza di iniziare sono state tralasciate anche le necessarie campagne di informazioni con la scusa dell’ampiezza del territorio interessato (ovvero circa 300 km quadrati),
E allora presto vedremo all’opera i “vibroseis” particolari camion per le indagini nel sottosuolo. Il principio è semplice: trasmettere vibrazioni a basso potenziale al sottosuolo e registrarne gli effetti in diversi punti, con appositi gruppi di sensori detti geofoni, per ricostruire i vari strati che compongono il terreno. I camion, di circa 20 tonnellate, sono dotati di un disco di metallo di 2 tonnellate, posizionato tra i due assi, che una volta abbassato fino ad appoggiarsi a terra in punti prestabiliti, verrà fatto vibrare con un sistema idraulico per alcuni secondi. Meno invasivo sicuramente dello stesso tipo di indagine fatto con la dinamite, ma lo stesso preoccupante per il contesto in cui avviene.
Nel giustificare questa decisione i magistrati del Tar sostengono che non spetta a loro valutare le attività di ricerca, e che investire in questo progetto per poi ritrovarsi comunque un perpetuo divieto di sfruttare gli idrocarburi trovati fa comunque parte dei rischi che la Po Valley Energy è disposta ad accettare. Ma tanti sono già pronti a scommettere che una volta trovato il tesoro nel sottosuolo, le autorizzazioni a sfruttarlo arriveranno, con buona pace per il tesoro molto più grande che si trova in superficie, un territorio protetto unico al mondo.
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