ROVIGO-Importante operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza rodigina che, nella giornata di ieri, ha dato esecuzione alle ordinanze di misure cautelari disposte dal GIP di Rovigo – Dr. Pietro Mondaini. Sono state eseguite anche perquisizioni e operati sequestri rivolti a cautelare € 1.790.689 provenienti dall’attività illecita. Il provvedimento di sequestro ha, inoltre, riguardato 16 conti correnti di una “banca” intestata agli indagati. Le indagini, condotte dal Gruppo di Rovigo sotto la direzione della Procura cittadina, si sono protratte per oltre un anno e hanno permesso di delineare i contorni di un’associazione a delinquere, per come definita all’art. 416 del c.p., composta da almeno sei persone e finalizzata alla bancarotta fraudolenta, all’autoriciclaggio, alla truffa e all’esercizio abusivo dell’attività bancaria.
Al vertice di essa era collocato un imprenditore della provincia di Parma di 60 anni – ideatore del disegno criminoso e dominus di una serie di società ed enti riconducibili al sodalizio. Subito sotto è gerarchicamente collocata un avvocato di anni 64 – promotore/organizzatore dell’organizzazione oltre che consulente legale del gruppo e con un ruolo centrale nella gestione degli enti facenti capo al sodalizio e, infine, un uomo di anni 34, anch’egli promotore/organizzatore dell’associazione con il ruolo di promotore finanziario. Nei loro confronti sono state eseguite misure cautelari personali di cui una in carcere. Gli altri 3 membri dell’organizzazione, tra cui un ragioniere commercialista, sono stati collocati nelle indagini nel ruolo di partecipi dell’organizzazione e nei loro confronti il GIP ha disposto l’applicazione di misure interdittive finalizzate al divieto dell’esercizio di ragioniere commercialista o esercitare attività di impresa e ricoprire la carica di amministratore di società.
Le investigazioni, corroborate anche da intercettazioni telefoniche e accertamenti bancari, hanno ricostruito una fitta rete di malaffare intessuta da un’organizzazione criminale che si appropriava di aziende in stato di decozione, spogliandole del proprio patrimonio e appropriandosi dei ricavi da esse prodotti. Gran parte di detti ricavi venivano dirottati sui conti di due associazioni senza fini di lucro che ricoprivano la funzione di vere e proprie Banche. Infatti, così come scoperto, tramite queste personalità giuridiche, che sfuggivano ai normali controlli della Banca d’Italia, gli indagati svolgevano una vera e propria attività creditizia, aprendo conti nominativi nei confronti di persone accuratamente selezionate (in difficoltà economiche, che non facevano storie e che avevano necessità di schermare i propri conti) ed erogando prestiti; unica condizione l’adesione all’associazione previo versamento della quota associativa di almeno 500€.
Le indagini hanno poi permesso di ricostruire diverse truffe messe in atto dall’organizzazione e, in particolare, dal dominus (pluripregiudicato che si presentava, di volta in volta, come ingegnere, avvocato o comunque persona distinta in mercedes nera e autista) ai danni di imprenditori che erano intenzionati ad acquistare le macchine prodotte dalla fallita società sedente in Occhiobello, e da quella a questa subentrata, destinate a produrre mascherine chirurgiche. Siamo in piena emergenza COVID e molti imprenditori cercavano di attrezzarsi per produrle. L’organizzazione gliele vendeva prendendo i pagamenti e consegnando (quando ciò è avvenuto) macchinari inservibili. Quando, invece, il truffato cercava di ribellarsi, entrava in gioco l’avvocato arrestato (socia fondatrice delle associazioni/Banca) che metteva in atto una vera e propria azione intimidatoria, producendo addirittura istanze di fallimento nei confronti delle società malcapitate ovvero denunce per estorsione, denunce per calunnia e richieste di azioni disciplinari all’Ordine degli avvocati nei confronti dei legali delle controparti. Per la realizzazione dei propri scopi l’organizzazione si avvaleva di diverse società utilizzate, di volta in volta, per gli scopi necessari ed era alla continua ricerca di altre aziende su cui mettere le mani e dei cui beni appropriarsi. Nel complesso, sono state eseguite una decina di perquisizioni in diverse regioni del nord Italia (Liguria, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna) tese a reperire il provento del reato quantificato in circa 1.800.000 €. Nei confronti degli indagati la Procura procede per associazione a delinquere (art. 416 c.p.), bancarotta (artt. 223,216, 219 R.D. 267/42), autoriciclaggio (art. 648 ter 1 cp), truffa aggravata (artt. 640 e 61 nr. 7 cp), abusiva attività bancaria (art. 131 D.lgs 385/1993 – T.U.B.). L’operazione di servizio in rassegna si inserisce nel quadro delle rinnovate linee strategiche dell’azione del Corpo, volte a rafforzare l’attività di contrasto ai gravi contesti di illegalità economico-finanziaria, a tutela del sistema economico “sano” e degli imprenditori onesti e rispettosi delle regole che vedono lesi, da tali comportamenti fraudolenti, le leggi di libera concorrenza e di mercato.
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