30 novembre e 10 dicembre, due videoconferenze per riflettere sui diritti umani.
Adria-Sindaco Barbierato-Dal 2005 è città per la vita. Uno dei 2371 comuni Italiani aderenti a Cities for Life, l’evento mondiale che ricorre ogni 30 novembre, anniversario della prima abolizione della pena di morte che avvenne nel gran ducato di Toscana nel 1786. A testimoniarlo la cartellonistica collocata nelle entrate della città e il teatro illuminato per dar voce al popolo e alla politica per questa battaglia basata sui diritti umani.
“Abbiamo creato un momento di riflessione e di spunto per dialogare perché le città per la vita come Adria, devono far sentire la loro voce in tutto il mondo – le parole del Sindaco Omar Barbierato – perché la pena di morte esiste ancora, nonostante il lavoro importante di Amnesty International, della Sant’Egidio, dell’Italia e per le moratorie sulla pena di morte promulgate dalle nazioni unite”.
“Il trend abolizionista in America è in crescita” dichiara Giovanni Stefani di Amnesty International Rovigo che definisce la pena di morte una pena barbara e disumana. Ad oggi, il Colorado è il 22esimo Stato americano ad abolire definitivamente la pena di morte, mentre rimane un grosso problema la Cina, di cui non si conoscono i dati, perché classificati come segreto di stato. “In questo momento particolare ci possiamo mobilitare per Ahmadreza Djalali, medico che ha collaborato con l’università di Novara, cittadino di origini iraniane, che dal 2016 è stato arrestato con l’accusa di spionaggio, e ora per lui, è scattata la pena di morte. Generale la mobilitazione nei suoi confronti, e per questo vi invito a firmare l’appello per Ahmad”.
Nel suo intervento Giacomo Bego, giovane universitario, ha invitato a riflettere sulla pena di morte come un atto di disumanità, reso legittimo solo da una legge e da una questione culturale. Per far comprendere l’assenza di logica nella pena di morte, Bego ha citato Dostoevskij, il quale asseriva “Perché per punire un uomo di avere ucciso, lo uccidono?” “Un uomo che sbaglia, sebbene in maniera grave, non può essere punito con la morte, perché non si arriverebbe a nessuna soluzione. L’eliminazione del problema non coincide con la soluzione, ma anzi se ne creerebbero altri. Un uomo colpevole deve avere l’occasione di riflettere su ciò che ha commesso ed essere aiutato in un percorso, in riferimento ai valori costituzionali, di riabilitazione e reinserimento nella società. La soluzione non deve essere fine a sé stessa, ma portare un cambiamento. Ricordando i diritti costituzionali e umani è impensabile proibire i diritti inviolabili degli uomini, come il diritto alla vita e alla libertà”.
Un altro giovane laurendo, Pietro Grisotto, ha affrontato il tema complesso e tristemente attuale della pena di morte citando alcuni passi significativi delle opere, di alcuni protagonisti della letteratura classica: il filosofo e drammaturgo romano Lucio Anneo Seneca, il quale con una lungimiranza ed equilibrio degni del capace uomo politico, nel “De Clementia” invitava l’imperatore Nerone ad usare clemenza nel comminare le pene, specialmente la pena capitale, la cui efficacia deterrente era dubbia. Proseguendo poi con Victor Hugo, memore della “lezione immortale” di Cesare Beccaria e “Dei Delitti e delle Pene”, riflette sulla differenza tra assassino e giustiziere. Ed infine Grisotto ha citato Giovanni Pascoli che si esprime sull’ergastolo e la pena di morte. Egli perse drammaticamente il padre ancora “fanciullo”, in circostanze mai chiarite; pur essendo quindi in una posizione in cui sarebbe comprensibile un suo eventuale appoggio alla pena di morte (uccisione di una persona cara), egli rinuncia ad un arcaico quanto barbarico “occhio per occhio” e ad una “giustizia” che ha più il sapore di una vendetta.
Moira Ceci della Comunità di Sant’Egidio di Rovigo racconta “La Comunità cristiana è nata nel 1968 a Roma da un gruppo di liceali romani che si avvicinarono al vangelo, ai poveri e alla pace. L’impegno contro la pena di morte, nacque a metà degli anni 90, da un incontro personale con Dominique Green, un afroamericano che pubblicò una sua lettera sul corriere della sera, chiedendo se c’era qualche italiano disposto ad intraprendere una corrispondenza con lui. Alcuni della comunità risposero alla sua richiesta e si concretizzò un forte legame di amicizia. Così conoscemmo la sua storia di vita e quella di tanti che vivono nel braccio della morte. A 17 anni, venne condannato a morte per omicidio per la legge delle gang. Morì nel 2004 con un’iniezione letale e ora le sue ceneri sono sepolte in una struttura della Sant’Egidio a Roma”.
“Nella nostra mission cerchiamo di far capire che non è con la violenza che si vince la violenza e che non è la pena di morte un deterrente alla violenza stessa. La comunità per raggiungere questo obiettivo, continua a portare avanti i rapporti epistolari con i detenuti nel braccio della morte per far sentire a queste persone che c’è un’umanità che li sostiene. Il cambiare le decisioni della giustizia o rinviando le pene di morte, può essere fatto firmando un appello, che tutti possiamo fare, perché non richiede un impegno economico o particolare. Basta andare sul sito della Sant’Egidio”.
“Come tutti i diritti, il diritto di vita, una volta conquistato, non deve essere scontato – ha commentato il sindaco Barbierato –. Il cammino della pace a volte trova degli ostacoli, come la decisione di Trump, citata da Bego, che per essere rieletto ha giocato la carta del ripristino della pena di morte in alcuni stati americani”. Il sindaco ha concluso la videoconferenza, moderata dalla consigliera Oriana Trombin con una frase di papa Francesco “la pena di morte non è mai necessaria ma è sempre inaccettabile”. I commenti di apprezzamento per i contenuti della videoconferenza non sono mancati da parte della presidente della consulta della cultura Chiara Roccato e da Maurizio Zerrilli della comunità di Sant’Egidio ospiti dell’evento online.
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